Impresa e collaboratore familiare gli obblighi sicurezza sul lavoro

Impresa e collaboratore familiare gli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro sono diversi a seconda di come si configura oggettivamente la vita lavorativa dell’impresa.

Occorre per prima cosa riprendere la definizione di lavoratore ai sensi dell’art. 2 comma 1 lettera a) del d. lgs. 81/2008 smi “persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari. Al lavoratore così definito è equiparato: il socio lavoratore di cooperativa o di società, anche di fatto, che presta la sua attività per conto delle società e dell’ente stesso; l’associato in partecipazione di cui all’articolo 2549, e seguenti del Codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento di cui all’articolo 18 della Legge 24 giugno 1997, n. 196 e di cui a specifiche disposizioni delle Leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro; l’allievo degli istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici, ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali limitatamente ai periodi in cui l’allievo sia effettivamente applicato alla strumentazioni o ai laboratori in questione; i volontari del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco e della Protezione Civile; il lavoratore di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive modificazioni.”


L’art. 21 del D.Lgs. 81/2008 smi

Sempre il d.lgs. 81/2008 smi, per quanto riguarda i collaboratori familiari, ci rimanda all’art. 21 Disposizioni relative ai componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del Codice civile e ai lavoratori autonomi – il cui comma 1 recita: “I componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del Codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell’articolo 2222 del Codice civile, i coltivatori diretti del fondo, i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo, gli artigiani e i piccoli commercianti devono:
a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di cui al Titolo III;
b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al Titolo III;
c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le proprie generalità, qualora effettuino la loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano attività in regime di appalto o subappalto.”

Il medesimo articolo 21 al comma 2 recita: “I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri delle attività svolte e con oneri a proprio carico hanno facoltà di:
a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni di cui all’articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali;
b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all’articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali.”

Innanzitutto va specificato che il d. lgs. 81/2008 smi prevede specifiche sanzioni in merito a quanto dall’art. 21 e più precisamente rispetto al comma 1:

  • sanzione art. 21 comma lettera a) e b) con l’arresto fino a un mese o con l’ammenda da 245,70 a 737,10 euro per la violazione.
  • sanzione art. 21 comma lettera c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 61,42 a 368,56 euro per ciascun soggetto per la violazione.

Va poi tenuto conto che si parla di collaboratore familiare per il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo.


Quando si è in presenza di impresa familiare?

Dunque, la prima vera disamina da effettuare consiste nel verificare se effettivamente ci si ritrova in presenza di un’impresa familiare (costituita quindi secondo le previsione dell’articolo 230-bis Codice Civile) o ci si ritrova in un contesto aziendale in cui il proprio familiare presta la propria opera.

La costituzione dell’impresa familiare avviene con un atto pubblico o con una scrittura privata autenticata, in cui devono essere indicati:

  • l’attività esercitata dal titolare;
  • gli estremi dei familiari collaboratori e il grado di parentela.

Per essere considerati collaboratori familiari dell’impresa, i familiari devono partecipare all’attività della stessa in modo continuativo e prevalente.

Nel primo caso resta ovvio che ci si trova in presenza di quanto indicato nell’articolo 21 del TUS.
In tale ipotesi, resta altrettanto ovvio, che non sorge la figura del datore di lavoro e dunque il relativo obbligo di organizzare il servizio di prevenzione e protezione decade. A tal riguardo si può anche fare esplicito riferimento a quanto chiarito dal Ministero del Lavoro in risposta ad un quesito nel 29 novembre 2010.

Nel secondo caso, invece, si svuota del tutto il significato di impresa familiare che in tali circostanze risulterebbe atipico e fuorviante ed in forte contrapposizione con la norma di legge.
Ci si troverebbe, invece,in presenza di un’attività lavorativa a tutti gli effetti con a capo un datore di lavoro che organizza la vita aziendale e con il corrispondente obbligo di organizzare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi aziendali. In questo caso viene meno quanto prescritto dall’articolo 21 del d. lgs. 81/2008 smi.


Gli obblighi previsti da norme speciali

Tuttavia, questa nostra disamina può spingersi ancora oltre.
La norma, all’articolo 21 precisa del d. lgs. 81/2008 smi, inserisce la locuzione fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali, in merito all’efficacia degli accordi è stabilito che le previsioni di cui all’accordo ex articolo 37 del TUS non hanno nei confronti dei destinatari efficacia obbligatoria, resta ferma, come espressamente previsto la obbligatorietà di altra formazione rispetto a quelle oggetto di regolamentazione, nei casi in cui essa sia imposta ai sensi di altre disposizioni di legge, da considerarsi speciali rispetto alla previsione generale.

Ad esempio, è quanto previsto dal DPR 14 settembre 2011, n. 177, relativo alla regolamentazione dei lavori in “ambienti confinati”, che prevede, all’articolo 2, comma 1, lettera b), “integrale e vincolante applicazione anche del comma 2 dell’articolo 21, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nel caso di imprese familiari e lavoratori autonomi”.
Analoghe conclusioni valgono nei riguardi della formazione dei dirigenti e dei preposti, i quali devono ricevere una formazione “adeguata e specifica” rispetto all’importante ruolo rivestito in azienda.

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